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Preoccupa seriamente la nuova moda lanciata in aperitivo dalla ‘movida’ milanese, cioè “all you can drink“.

In pratica spendi una cifra prefissata di pochi euro e bevi quanto ti pare durante la serata, senza limiti.

L’idea, partita in realtà dal classico “all you can eat” tipico dei ristoranti giapponesi, si è trasformata ora in Open Wine, che con 15 euro fa bere e mangiare i giovani milanesi in serate organizzate in vari locali.

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Dato il successo dell’idea, molti bar hanno copiato il concept al discapito della qualità e della salute.

Così, se nelle serate di Open Wine l’unica bevanda inclusa è – come dice il nome – il vino, in discoteca sono inclusi nell’OpenBar anche i cocktails e gli spritz, a un prezzo ovviamente più alto ma comunque tale da consentire di raggiungere lo stato d’ebbrezza con pochi spiccioli, soprattutto tra i più giovani, anche minorenni.

Così – scrive Repubblica – l’associazione di Unione del commercio che rappresenta le discoteche, ovvero il Silb, ha preso carta e penna e ha scritto a comune, prefettura e questura.

L’obiettivo è stimolare le autorità a regolamentare un fenomeno dai risvolti che Roberto Cominardi – presidente del Silb e gestore dell’Old Fashion – giudica molto pericolosi. In un lungo post su Facebook, Cominardi parla di “gestori disperati e incapaci, soggiogati dai vari Pr anch’essi alla frutta”. Sottolinea che potrebbero esserci guai alla verifica fiscale (“il fisco verifica il carico di magazzino e le vendite presunte tramite scontrini o biglietti Siae”) ma, soprattutto, si rischiano centinaia di giovani in ospedale per eccesso d’alcol.

 “I gestori incassano denaro incuranti dei danni che provocano sia a livello sociale che economico. Gli incapaci gestori dimostrano , inoltre, un assoluta ignoranza in campo fiscale dato che l’onere della prova è a carico dell’esercente.
FONTE:  Repubblica.it / MilanoToday
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