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Il cortile dei Promessi Sposi – nell’androne di Palazzo Luraschi al numero 1 di Corso Buenos Aires si potrà ammirare un suggestivo cortiletto, reso unico da due particolari: le quattro colonne di marmo provenienti dall’antico Lazzaretto e dodici busti scolpiti con i personaggi dei Promessi Sposi. Vi si riconoscono Renzo e Lucia, Don Rodrigo, il Cardinale Borromeo, padre Cristoforo, Agnese e la Monaca di Monza.

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Il museo delle macchine per scrivere – il museo dedicato alle macchine da scrivere, unico nel suo genere, è la creazione del suo proprietario, Umberto Di Donato, ex-finanziere, direttore di banca, ma soprattutto grande appassionato di macchine da scrivere, al punto da averne collezionate ed esposte qui quasi 1400.

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La casa del mostro di via Bagnera – Nascosta in pieno centro, tra Via Santa Marta e Via Nerino, c’è una stradina corta e stretta. Anzi, si tratta proprio della via più stretta di Milano. Non a caso un tempo era nota proprio come “Stretta”, mentre il nome Bagnera sembra derivi dal fatto che ai tempi dei romani, lì vicino si trovavano i bagni pubblici. Proprio lì, in un piccolo magazzino che usava come casa e ufficio, viveva il famigerato “Mostro di Milano”. Si chiamava Antonio Boggia e, nella prima metà dell’800, uccideva a colpi di scure i malcapitati che avevano la sventura di conoscerlo e di andarlo a trovare in Via Bagnera.

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Il trompe-l’oeil di una villa – Se il portone al numero 7 di Via Carlo Pisacane è aperto, è possibile scorgere al suo interno quello che sembra un colonnato, oltre il quale un lungo viale alberato conduce a una villa in collina. Si tratta in realtà di un colorato e gradevole esempio di trompe-l’oeil, che ricopre per intero la parete su cui si affaccia il portone.

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Una “sconcia fanciulla” – Quella di una ragazza che si rade il pube non è certamente un’immagine comune nell’arte antica. Eppure, un bassorilievo del XII secolo con questo soggetto, oggi conservato nella sala VI del Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco, faceva bella mostra di sé sul fronte esterno dell’antica Porta Vittoria. In realtà, la porta in origine era nota per l’appunto come “Porta Tosa” (cioè “ragazza” in milanese) o “Porta Tonsa” (da “tondersi”, cioè radersi) per via di questa effigie e il nome rimase anche dopo che, nel XVI secolo, San Carlo Borromeo chiese poi che il rilievo fosse staccato (il nome Porta Vittoria arrivò solo dopo la cacciata degli austriaci da Milano).

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Un santo di fantasia – Il ragazzo vestito all’antica, con ai piedi le catene della prigione ma le braccia conserte in aria di sfida, non è nient’altro che San Napoleone, un santo moderno di fantasia, apparso in quella breve stagione in cui Milano fu retta da Napoleone Bonaparte.

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