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Smart working, via il limite del 50%: cosa significa e cosa succede ora negli uffici pubblici.

Passata l’emergenza sanitaria per molti italiani il “telelavoro” è rimasto comunque la regola, tanto che a oltre un anno dallo scoppio della pandemia da Coronavirus in Italia ci sono ancora 5,4 milioni di lavoratori dipendenti “agili” (oltre 7 milioni se si considerano anche gli autonomi, il 32% del totale) secondo le stime della Fondazione studi dei consulenti del lavoro, rispetto ai 500mila dell’era pre Covid e agli 8 milioni di marzo 2020.
Per oltre 7 aziende su 10 i vantaggi dello smart working superano le criticità tanto che il 68% – secondo un’indagine condotta dall’Associazione dei direttori del personale Aidp – ha deciso che prolungherà le attività da remoto anche nella fase di ritorno ad una “nuova normalità”.
Dalla procedura per richiederlo alle regole per i dipendenti pubblici, dal diritto alla disconnessione ai buoni pasto, vediamo in 10 domande e risposte i punti chiave del lavoro agile, destinati a restare anche quando sarà finita l’emergenza.

Fino a quando è possibile fare smart working senza accordo individuale? Cosa succederà dopo?

Il decreto legge 22 aprile 2021, n. 52 (decreto Riaperture) ha prorogato lo stato di emergenza al 31 luglio 2021 (articolo 10, comma 1): è stato così esteso a questa data il termine per l’utilizzo della procedura semplificata di comunicazione dello smart working.

Non servirà dunque l’accordo individuale tra azienda e lavoratore per avviare o proseguire il lavoro agile. Del resto anche l’aggiornamento delle regole anti Covid da rispettare sui luoghi di lavoro incentiva lo smart working con una serie di previsioni:

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– la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli che possono funzionare con il ricorso al lavoro agile e da remoto;

– l’utilizzo del lavoro agile e da remoto per tutte quelle attività che possono essere svolte in tale modalità, in quanto utile e modulabile strumento di prevenzione.

E il regime semplificato di smart working potrebbe essere addirittura prorogato fino a settembre prossimo: la possibilità allo studio del governo è emersa nel corso del tavolo di confronto del 27 aprile tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, Cgil Cisl Uil e Ugl e le associazioni datoriali. Le imprese avrebbero chiesto un tempo maggiore, almeno fino a dicembre ma il governo si è limitato ad ipotizzare lo spostamento della data dal 31 luglio alla fine di settembre.

Per il futuro, invece , la strada tracciata dall’esecutivo prevederebbe la possibilità che il lavoro agile possa proseguire sulla base di “accordo quadro volontario “ fra le parti sociali, magari con il supporto di incentivi fiscali e altro.

Quando torneremo alla normalità, dunque, per lo smart working saranno necessari gli accordi individuali previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 81/2017.

Come funziona lo smart working nel settore pubblico?

Le regole sono diverse nel settore della Pa. Il decreto proroghe, varato dal governo il 29 aprile, ha fatto saltare l’obbligo dello smart working al 50% nella pubblica amministrazione, introducendo un’importante novità: il lavoro agile nel settore pubblico si potrà proseguire in deroga fino alla definizione delle nuove regole con il contratto nazionale e comunque non oltre la fine dell’anno.
Nel dettaglio la norma conferma lo smart working senza bisogno del preventivo accordo individuale anche nel pubblico impiego fino a massimo il 31 dicembre 2021, mentre per i comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico la scadenza viene legata a quella dello stato di emergenza, cioè il 31 luglio.
La misura però non si limita a intervenire sulle regole straordinarie applicate durante la pandemia ma anche sul nuovo sistema organizzativo a regime del settore pubblico: per le attività che si possono condurre con modalità smart le norme sui piani organizzativi per il lavoro agile (I cosiddetti Pola) prevedevano che i dipendenti si potessero avvalere dello smart working “almeno per il 60%” nell’ambito dei piani organizzativi e per minimo “il 30%” in caso di mancata adozione dei Pola. Ora la percentuale del 60% sparisce e il minimo passa dal 30% al 15%.

3) Chi lavora in smart working ha diritto al bonus baby sitter?

Gli ultimi provvedimenti del Governo Draghi hanno escluso dai beneficiari del voucher baby sitter gli smart worker, per cui se un lavoratore svolge la sua prestazione in modalità agile non ha diritto a chiedere questa agevolazione.
La ministra per la famiglia Elena Bonetti ha tuttavia dichiarato che il bonus baby sitter verrà esteso anche a chi lavora in smart working e ha bambini piccoli non autonomi durante la didattica a distanza.
«I criteri di assegnazione del voucher baby sitter vanno definiti a prescindere dalla modalità di lavoro – sottolinea Arianna Visentini, ceo di Variazioni, società di consulenza nata 10 anni fa per affiancare imprese e enti pubblici nella ricerca e nello sviluppo di percorsi di innovazione organizzativa – . Se si escludono dai beneficiari del voucher gli smart worker, il lavoro agile viene configurato come misura di welfare e come sostituto delle indennità di genitorialità trasferendo in questo modo i costi della conciliazione sull’azienda, con il rischio di diminuire la produttività delle persone in smart working. Qui c’è una grossa contraddizione: non si riconosce il voucher baby sitter quando si è in smart working e allo stesso tempo si chiede che una donna o uomo a casa con figli possa garantire il lavoro a distanza».

Esiste qualche obbligo di concessione dello smart working ai genitori?

In linea generale la risposta è no. Prima del Covid la legge di bilancio 2019 ( 30 dicembre 2018, n.145) ha, tuttavia, introdotto una corsia preferenziale per la concessione dello smart working alle madri nelle aziende che lo implementavano.
Il datore di lavoro che introduce in azienda il lavoro agile – secondo quanto stabilito dalla legge – deve riconoscere priorità alle richieste di svolgimento dell’attività in smart working alle lavoratrici nei tre anni successivi alla fine del periodo di maternità obbligatoria.

Il decreto Covid, in via temporanea, reintroduce dal 13 marzo fino al 30 giugno 2021 la possibilità – già prevista, con alcune differenze, per alcuni periodi del 2020 – per i lavoratori dipendenti di ricorrere al lavoro agile o, in alternativa, ad un congedo straordinario retribuito, per il periodo corrispondente ad alcune fattispecie relative al figlio minore, rispettivamente, di 16 o di 14 anni.

Le lavoratrici ai primi mesi di gravidanza hanno diritto allo smart working?

Solo in caso di caso di gravidanza a rischio, il datore di lavoro può offrire la possibilità di scegliere alle neo-mamme di proseguire il lavoro in sicurezza attraverso la modalità smart.

Ci sono regole particolare se il lavoratore in smart working si ammala?

La malattia resta un evento tutelato dalla legge, in cui non si svolge in alcun caso la prestazione lavorativa. Lo smart working non va quindi ad inficiare regole giuslavoristiche imprescindibili.

Il lavoratore smart ha diritto ai permessi?

Anche i permessi sono un patrimonio del dipendente per soddisfare esigenze ordinarie e di norma non sono un capitolo toccato dalla policy dello smart working. Ma indirettamente possono essere condizionati dall’introduzione del lavoro agile.

L’azienda, se non mette a punto un regolamento efficace dal punto di vista dell’organizzazione dei permessi, al di là della policy di lavoro agile, potrebbe correre il rischio di ritrovarsi con esubero di permessi non fruiti accumulati.

I lavoratori fragili e quelli che hanno figli disabili possono accedere più facilmente allo smart working?

Il decreto legge 17 marzo 2020, n.18 ha introdotto da un lato il diritto allo smart working:
– per i lavoratori disabili ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 104/92;
– per i lavoratori che hanno un componente diversamente abile all’interno del nucleo familiare ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 104/92, se compatibile con la prestazione lavorativa.

Dall’altro: la precedenza nell’accesso allo smart working per i lavoratori fragili.
In particolare il decreto legge 14 agosto 2020, n.104 prevede la possibilità di accedere allo smart working venendo adibiti a diverse mansioni, purchè ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento contrattuale oppure svolgere da remoto specifiche attività formative professionalizzanti.

Chi lavora in smart working ha diritto al buono pasto?

buoni pasto non sono un diritto previsto dalla legge: il ticket spetta se lo prevede il contratto collettivo applicato o il contratto di lavoro individuale. In caso affermativo dunque, anche il lavoro agile ha diritto ai buoni pasto. Secondo l’Agenzia dell Entrate – risposta a interpello 123/2021 – il buono pasto può essere corrisposto da parte del datore in favore dei dipendenti assunti, sia a tempo pieno che a tempo parziale, incluse le ipotesi in cui l’articolazione dell’orario di lavoro non preveda una pausa per il pranzo. Dunque, la normativa tiene conto che la realtà lavorativa è sempre più caratterizzata da forme di lavoro flessibili. conseguenza, i buoni pasto assegnati ai lavoratori agili hanno diritto alle agevolazioni fiscali.

Lo smart worker ha diritto a disconnettersi?

La legge 81/2017 sul lavoro agile si limita a contenere un riferimento generico e indiretto a l diritto alla disconnessione (nel solco della adeguata tutela della salute del lavoratore), rimettendone la specifica regolamentazione all’accordo individuale tra datore e lavoratore. Ma importanti novità stanno per arrivare. Le commissioni Lavoro e Affari sociali della Camera hanno infatti approvato un emendamento al decreto Covid che riconosce «alla lavoratrice o al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile il diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, nel rispetto degli eventuali accordi sottoscritti dalle parti e fatti salvi eventuali periodi di reperibilità concordati».
La disconnessione, inoltre, «non può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi». Per la Pa resta la disciplina dei contratti collettivi.

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